La respirazione

La respirazione

Il termine respirazione indica lo scambio di gas tra un organismo e l'ambiente che lo circonda: nel caso dell'uomo si può dire che la respirazione consiste nell'assorbimento di ossigeno e nell'eliminazione di anidride carbonica. L'ossigeno viene portato negli alveoli polmonari a opera della funzione ventilatoria polmonare, da qui trasferito ai tessuti per mezzo dell’attività cardiocircolatoria ed ematica, dove viene utilizzato per l'intervento di ossidazione e di altri processi respiratori nell'interno delle cellule, processi per i quali il nostro corpo richiede energia. A livello cellulare si viene a formare anidride carbonica che viene portata nell'ambiente esterno a mezzo della circolazione e della ventilazione. La respirazione, quindi, avviene con l'intervento di numerosi apparati tra loro strettamente collegati. Della funzione respiratoria possiamo distinguere le seguenti componenti:

- componente ventilatoria, che ha il compito di trasportare l’ossigeno dall'ambiente esterno agli alveoli polmonari e l’anidride carbonica in senso inverso.

- componente alveolo-capillare, che ha il compito di determinare il passaggio dei gas respiratori tra alveoli e sangue che scorre nei capillari alveolari;

- componente cardiocircolatoria, che ha il compito di trasporto dell'ossigeno ai tessuti in attività metabolica e di trasporto dell'anidride carbonica dai tessuti agli alveoli;

- componente tessutale, che ha il compito di utilizzare l'ossigeno pervenuto nel metabolismo cellulare e di produrre anidride carbonica.

La ventilazione polmonare è il processo mediante il quale l'aria contenuta negli alveoli polmonari viene rinnovata per assicurare lo scambio dell'ossigeno e dell'anidride carbonica. In condizioni di riposo muscolare l'uomo esegue circa 16 atti respiratori al minuto, nei quali si può riconoscere una fase inspiratoria e una fase espiratoria: l'inspirazione consiste nell'introduzione di aria nei polmoni dall'ambiente esterno; l'espirazione nell'uscita della stessa dai polmoni. L'attività respiratoria è tenuta sotto il controllo di alcuni centri nervosi (centri respiratori) che vengono stimolati direttamente o indirettamente dal contenuto di anidride carbonica, di ossigeno e dall'acidità del sangue arterioso periferico. Dal punto di vista meccanico la ventilazione può essere paragonata al funzionamento di una pompa aspirante e premente, della quale la parete toracica con il diaframma rappresenta il pistone. Il punto di appoggio per i movimenti del torace, vale a dire del pistone, è dato dalla colonna vertebrale. Il sollevamento delle coste, attuato dai muscoli intercostali, provoca modificazioni del diametro trasverso della gabbia toracica e, unitamente ai movimenti dello sterno, agisce pure sul diametro antero-posteriore determinandone un aumento; i movimenti del diaframma si ripercuotono sull'asse longitudinale e su quello trasversale della gabbia toracica stessa, aumentando di conseguenza il volume polmonare. I polmoni seguono passivamente i movimenti della gabbia toracica, opponendosi alla deformazione per via delle loro notevoli proprietà elastiche.

Inspirazione

Il fenomeno della espansione polmonare durante la inspirazione è un fenomeno puramente passivo: ciò che si espande per effetto della contrazione dei muscoli inspiratori è la cavità toracica e il polmone non fa altro che seguire le variazioni di volume di quest'ultima. L'espansione della cassa toracica si compie essenzialmente per mezzo di due meccanismi distinti: costale e diaframmatico. La contrazione dei muscoli intercostali determina un sollevamento delle coste con aumento soprattutto del diametro ari teroposteriore. La contrazione del diaframma determina un raddrizzamento della sua curvatura e quindi una espansione verso il basso delle basi polmonari. L'espansione dei polmoni determina quindi l'ingresso di aria lungo le vie bronchiali e negli alveoli.

Espirazione

L'espirazione è, in condizioni normali, un fenomeno passivo dovuto alla retrazione elastica del polmone. Il rimpicciolimento di volume del polmone determina nell’espirazione la fuoriuscita dell'aria inspirata.

I muscoli della respirazione

La gabbia toracica può essere paragonata a una bottiglia con il fondo mobile, quindi di capacità variabile. Dentro la bottiglia, comunicanti con l'esterno, si pongono due palloncini di materiale elastico che rappresentano i polmoni. Se ora si tira verso il basso il fondo mobile, aumentando il volume del recipiente e creando quindi in esso una diminuzione di pressione, si potranno vedere i palloncini gonfiarsi; al contrario, lasciando tornare il fondo alla posizione primitiva, i palloncini si sgonfieranno; l'allungamento della cavità corrisponde all'inspirazione, il ritorno del fondo alla condizione normale corrisponde all'espirazione. Ma come può essere aumentato il volume della gabbia toracica? Essenzialmente in due modi: durante l'inspirazione il diaframma, contraendosi, si abbassa spingendo in basso e in avanti i visceri addominali, ma quando per la resistenza dei muscoli addominali il movimento di discesa dei visceri si arresta, la contrazione del diaframma determina un sollevamento della parte inferiore della gabbia toracica con conseguente aumento del diametro del sistema toraco- polmonare, oltre che l'allungamento della cavità toracica stessa. Questo tipo di ventilazione viene denominato addominale, perché si accompagna a movimentidella parete addominale ed è caratteristico del sesso maschile. Sempre durante l'inspirazione le coste, per l'intervento dei muscoli intercostali specie degli esterni, tendono ad aprirsi, assumendo una posizione orizzontale e un conseguente ampliamento della gabbia toracica, verso l'alto e l'avanti; si ottiene pertanto un aumento del diametro antero-posteriore del torace. Tale tipologia di ventilazione viene denominato costale ed è caratteristico del sesso femminile. Il diaframma di norma gioca un ruolo essenziale nel processo di respirazione; si calcola che circa il 60% dell'aria che si introduce coi movimenti inspiratori profondi deve essere messa in relazione con i movimenti del diaframma. L'inspirazione quindi è determinata dalla contrazione attiva del muscolo diaframma e dei muscoli intercostali, contrazione che porta a un aumento di volume del torace. L'espirazione invece è un fenomeno normalmente passivo. Il tessuto polmonare, molto elastico, assume spontaneamente la posizione di riposo se mancano le forze muscolari inspiratorie a tenerlo in estensione, si ha così un rimpicciolimento della cassa toracica determinato dalla retrazione elastica polmonare, con una contemporanea uscita di aria attraverso le vie aeree nell'ambiente esterno, almeno fino a che la velocità di ventilazione rimane entro i 24 litri di aria al minuto; al disopra diventa anch'essa attiva, vale a dire richiede l'intervento dei muscoli espiratori. Infatti, quando i movimenti respiratori si fanno molto frequenti e profondi (iperventilazione) entrano in gioco i muscoli espiratori addominali (retto dell’addome, obliqui e traverso) che, contraendosi insieme agli intercostali, determinano, oltre alla compressione del contenuto addominale, l'abbassamento delle coste e l'innalzamento del diaframma verso la cavità toracica, riducendo ulteriormente il volume della cavità. Questi muscoli entrano in azione anche per ventilazioni di riposo quando sono aumentate le resistenze al flusso gassoso nelle vie respiratorie, come si riscontra nel soggetto affetto da ostruzioni delle vie bronchiali.

Volumi respiratori

In un uomo che respiri regolarmente, in modo tranquillo, la quantità di aria che entra ed esce a ogni atto espiratorio dai polmoni è relativamente piccola; essa corrisponde a circa 500 ml (cioè 1⁄2 litro) nell’uomo e 450 ml nella donna e viene denominata volume ventilatorio (o volume corrente). In un individuo che compie esercizi muscolari particolarmente intensi questa quantità aumenta notevolmente raggiungendo anche valori di 2.500-3.000 ml.

Questi riguardano il contenuto di aria presente nei differenti tratti delle vie respiratorie durante le varie fasi della respirazione. Il volume di aria che entra o esce dai polmoni durante un singolo atto respiratorio tranquillo viene detto ‘’volume corrente’’ e corrisponde a circa 500mI (0,5 l.) nell'uomo e 450 mI nella donna. Alla fine di una respirazione tranquilla rimarranno circa 3.000 ml di aria nei polmoni che verranno definiti come 'volume di riserva espiratoria. Utilizzando una espirazione massimale forzata è possibile ridurre ulteriormente il volume di aria nei polmoni ad un minimo di 1.500 ml. Tale quantità di aria rimanente viene definita ’’volume residuo’’ e può essere emesso all’esterno solo ad avvenuto collasso del polmone. Abbiamo detto che l'aria inspirata a riposo è pari a 500 ml. Forzando ulteriormente l'inspirazione e possibile aumentare il contenuto totale dei polmoni a 6.000 ml di aria (che per alcuni atleti di fondo può arrivare anche ad 8.000 ml, cioè 8 litri ). Il volume di aria immessa in aggiunta al volume corrente (circa 2500-3000 ml) viene definito ’’volume di riserva inspiratoria’’.

La somma del volume corrente, più il volume di riserva inspiratoria, più il volume di riserva espiratoria ci darà come risultato un volume complessivo di aria chiamato’’capacità vital’’, pari al massimo quantitativo di aria che può essere fatto entrare od uscire durante un singolo atto respiratorio. Durante l’espirazione l'aria emessa all'esterno dei polmoni è pari a 500 ml (volume corrente). Di questi, solamente 350 ml usciranno dalla bocca, in quanto pur facendo uno sforzo massimale espiratorio, non si sarà mai in grado di espellere tutta l'aria contenuta nelle vie aeree. Gli altri 150 ml di aria alveolare rimarranno intrappolati negli spazi anatomici delle prime vie aeree di conduzione. Durante la successiva inspirazione 500 ml di aria verranno convogliati al polmoni, 350 dei quali saranno composti da aria atmosferica e 150 ml saranno costituiti dall'aria alveolare rimasta intrappolata nella precedente espirazione. Vediamo quindi che, sia per l'inspirazione, sia per l'espirazione, rimangono intrappolati 150 ml di aria in uno spazio anatomico. Questo spazio viene detto ’’spazio morto anatomico’’. Quindi il volume di aria pura che entra negli alveoli durante ogni inspirazione sarà pari al volume corrente meno il volume dello spazio morto anatomico (Vc – Vsma = 500-150 = 350 ml) e rappresenta il quantitativo di ventilazione alveolare.

La deduzione che dobbiamo trarre dalla conoscenza di tali volumi è che, ai fini dell'incremento della ventilazione alveolare, un aumento della profondità del respiro è preferibile ad un forte aumento della velocità degli atti respiratori. Infatti, dobbiamo considerare, come è stato detto, che l'aria contenuta nello spazio morto anatomico costituisce una parte dell'intero volume corrente. Se il volume corrente diminuisce a causa di una insufficiente profondità di respiro, l'aria che giungerà agli alveoli sarà sempre più quella dello spazio morto anatomico (che ovviamente sarà meno carica di O2). Questo porterà in breve ad una riduzione dell'ossigeno circolante, con conseguente momentanea anossia. Durante un esercizio fisico gli atti respiratori sono in effetti accelerati rispetto al normale, ma è anche vero che la profondità dei respiri è relativamente maggiore dell'aumento della frequenza.

Si calcola che, mediante un'inspirazione volontaria massimale (eseguita cioè ampliando quanto più possibile la gabbia toracica), un uomo sia in grado di immettere nei polmoni circa 3.000 ml di aria: è questa la riserva inspiratoria. Nei polmoni però dopo un'espirazione normale permane sempre una certa quantità di aria; infatti, se alla fine di un'espirazione normale si esegue anche un atto espiratorio massimale si potranno espellere circa altri 1.000 ml di aria, chiamata riserva espiratoria. Tuttavia, pur facendo uno sforzo massimale espiratorio, non si sarà mai in grado di espellere tutta l'aria contenuta nei polmoni; a questa è dato il nome di volume residuo.

Anche dopo la morte permane sempre nei polmoni una quantità di aria; essa prende il nome di capacità residua funzionale e ha il compito, mescolandosi al volume ventilatorio, di mantenere a livello alveolare una pressione di ossigeno e di anidride carbonica, una umidità e una temperatura costanti e ottimali.

La somma del volume ventilatorio, della riserva inspiratoria e di quella espiratoria è detta capacità vitale. Sommando la capacità vitale con il volume residuo si ottiene la capacità polmonare totale ed esprime il volume di aria massimale che può essere contenuto nei polmoni: il suo valore nel soggetto sano è di circa 6 litri, dati, per il 75% dalla capacità vitale, per il restante dal volume residuo.

Scambi gassosi tra alveoli e sangue

L'ossigeno, che è trasportato con la funzione ventilatoria negli alveoli dall'ambiente esterno, viene a contatto con il sangue che scorre nei capillari alveolari. Il sangue che proviene dai tessuti in attività è povero di ossigeno (tensione parziale dell'ossigeno di 40 mm Hg) e ricco di anidride carbonica (tensione parziale dell'anidride carbonica di 45 mm Hg); a livello del sistema alveolo-capillare si riscontra un passaggio di ossigeno verso il sangue e di anidride carbonica in senso inverso. Il sangue giunto alla fine del capillare alveolare ha perso le sue caratteristiche venose e ha assunto quelle arteriose (tensione par- ziale di ossigeno di 100 mm Hg; tensione parziale di anidride carbonica di 40 mm Hg). Da quanto riferito deriva che la composizione dell'aria inalata sarà diversa da quella dell'aria espirata, che a sua volta lo sarà da quella dell'aria alveolare. Lo scambio gassoso, vale a dire la diffusione gassosa, che è stata descritta a livello alveolare, avviene anche a livello dei tessuti: qui il sangue proveniente dai polmoni (a carattere arterioso) cede l'ossigeno in esso contenuto e si arricchisce di anidride carbonica, a livello dei tessuti avviene cioè la combustione delle sostanze nutritive (attività metabolica) per mezzo dell'ossigeno, con conseguente produzione di anidride carbonica.

Lo scambio gassoso è regolato da ben precise leggi fisiche. Negli alveoli la pressione di ossigeno (O2) è alta, mentre quella di anidride carbonica (CO2) è bassa. L’O2 passa dall'aria al sangue, la CO2 passa dal sangue all'aria. Il sangue arterioso, ricco di ossigeno, (rosso) giunge ai tessuti dove la pressione di O2 è bassa, e quella di CO2 è alta, per cui l’O2 passa dal sangue ai tessuti e la CO2 dai tessuti al sangue. Il sangue venoso, ricco di anidride carbonica, refluo dai tessuti, (azzurro) giunge al cuore e da qui va ai polmoni dove cede la CO2.

Nei viventi l'energia che si sviluppa nell'attività metabolica viene utilizzata per compiere le varie attività legate alla vita vegetativa e a quella di relazione. Questo scambio di anidride carbonica (CO2) e di ossigeno (O2) tra le cellule dei tessuti e il sangue viene indicato con il termine di respirazione interna; lo scambio tra il sangue dei capillari polmonari e l'aria dei polmoni prende il nome di respirazione esterna.

Aria inspirata ed espirata

I costituenti dell'aria atmosferica (vale a dire di quella inspirata) importanti per la respirazione sono l'ossigeno e l'azoto. L'ossigeno rappresenta quasi il 21% dell'aria e l'azoto il restante 79%; l'anidride carbonica vi si trova in misura estremamente piccola: 0,04%. La composizione dell'aria inspirata e quella dell'aria espirata variano considerevolmente per quanto riguarda le percentuali di ossigeno e anidride carbonica, come si può vedere nella tabella che segue:

GAS

ARIA INSPIRATA (%)

ARIA ESPIRATA (%) ARIA ALVEOLARE
Azoto 79,03% 79,20% 80,50%
Ossigeno 20,93% 16,30% 14,00%
Anidride Carbonica 0,04% 4,50% 5,50%

Se si analizzano attentamente i dati, si può osservare che la quantità di ossigeno assorbito (cioè la differenza tra la percentuale di ossigeno nell'aria inspirata ed espirata) è leggermente superiore alla quantità di anidride carbonica che viene liberata attraverso i polmoni. Questo è dovuto al fatto che l'ossigeno viene impiegato non solo per "bruciare" il carbonio, ossidandolo ad anidride carbonica, ma anche a ossidare l'idrogeno delle sostanze nutritive pervenute alle cellule, trasformandolo in acqua. Il rapporto tra quantità di anidride carbonica eliminata e la quantità di ossigeno assorbita viene chiamato quoziente respiratorio e indicato con il simbolo QR. Esso varia notevolmente a secondo che l'individuo si trovi in uno stato di riposo oppure di esercizio muscolare e a seconda della sua alimentazione. Per quanto riguarda l'azoto, invece, se ne può notare un piccolo aumento percentuale nell'aria espirata. Questa differenza non è legata a una reale produzione di azoto, ma riflette soltanto la ineguaglianza, già spiegata, nello scambio tra ossigeno e anidride carbonica. L'azoto atmosferico, infatti, non partecipa ad alcuna reazione chimica dell'organismo e nella respirazione serve soltanto come diluente dell'ossigeno; questo gas, tuttavia viene normalmente sciolto nel sangue e assorbito anche da tutti i tessuti, in special modo dai grassi in essi contenuti, senza comunque combinarsi mai con qualche componente del tessuto stesso. Se però accade che l'aria venga respirata a una pressione superiore a quella atmosferica, come nel caso degli uomini che lavorano sul fondo dei cosiddetti "cassoni", nel sangue si scioglie molto più azoto e i tessuti ne risultano iper-saturati. Se questi uomini salgono troppo rapidamente alla superficie, senza essere chiusi in speciali camere di decompressione, il gas si libera nei tessuti sotto forma di piccole bollicine che producono i tipici sintomi della malattia dei cassoni che può portare a morte per embolia gassosa. Si è detto che l'azoto serve come diluente dell'ossigeno durante la respirazione e questo è molto giusto in quanto l'ossigeno, inalato allo stato puro, può dopo qualche tempo dare gravi disturbi a carico dell'apparato polmonare. Per questo motivo si raccomanda, in caso di inalazioni prolungate di ossigeno, di non superare mai una concentrazione del 40% di questo gas.

Diffusione alveolo-capillare

Dall'analisi della composizione dell'aria inspirata e dell'aria espirata si è potuto dunque vedere che, a livello dei polmoni, l'aria inalata perde ossigeno e si arricchisce di anidride carbonica, mentre il sangue assorbe ossigeno e cede anidride carbonica. Ma come avvengono questi scambi? Quali sono cioè i motivi che spingono l'ossigeno a passare nel sangue dall'aria alveolare e l'anidride carbonica a percorrere il cammino inverso? Per spiegare questo fenomeno occorre tenere presenti i principi fisici che regolano l'assorbimento di un gas da parte di un liquido. Sappiamo che la pressione esercitata dall'atmosfera a livello del mare è eguale a circa 760 mm Hg; la pressione dell'aria è eguale quindi a quella di una colonna di mercurio alta 760 mm.

La pressione dell'aria non è che la somma delle pressioni parziali dei gas che la compongono e il valore della pressione parziale di ciascun gas è strettamente proporzionale alla percentuale del gas nella miscela. Per esempio, la pressione dell'ossigeno nell'aria atmosferica sarà eguale al 21% della pressione totale dell'aria, dato che in essa questo gas entra appunto nella quantità del 21%. Ora è evidente che, cambiando le percentuali di ossigeno e di anidride carbonica tra l’aria inspirata e quella espirata, dovranno pure cambiare le relative pressioni parziali (vedi tabella). E’ noto d'altronde che un gas tende sempre a passare da un punto di alta pressione a uno a pressione minore; lo stesso fenomeno spiega l'origine dei venti, i quali sono grandi spostamenti di aria da luoghi ad alta pressione verso luoghi a bassa pressione. A questo punto viene spontaneo chiedersi come vadano le cose quando si tratta di un gas e di un liquido; ebbene, si può dire che il principio rimane lo stesso: quanto maggiore è la pressione di un gas a contatto con un liquido, tanto maggiore è la quantità del gas che si scioglie nel liquido. Così la quantità di ossigeno che viene assorbita (o sciolta) dall'acqua di mare sarà maggiore della quantità di ossigeno che viene assorbita dall'acqua di un lago di montagna, dato che la pressione dell'aria (e quindi anche la pressione parziale dell'ossigeno) è maggiore a livello del mare che in montagna.

In ogni caso si stabilisce sempre un equilibrio tra la pressione del gas all'interno del liquido e quella all'esterno del liquido e qualsiasi condizione, che venga a turbare questo equilibrio, porta a un passaggio di gas nell'una o nell'altra direzione, finché non si sia riformato un nuovo equilibrio. E’ lo stesso fenomeno che tutti noi abbiamo modo di osservare ogni volta che apriamo il tappo di una bottiglia contenente una qualsiasi bevanda gasata: migliaia di bollicine abbandonano il liquido e si portano alla superficie; dell'anidride carbonica sotto pressione viene fatta sciogliere nel liquido al momento dell'imbottigliamento e il tappo a perfetta tenuta impedisce alla CO2 disciolta di uscire all'esterno; quando si apre la bottiglia, la superficie del liquido viene a contatto con l'atmosfera in cui la pressione parziale dell'anidride carbonica è molto inferiore a quella del liquido. Si deve quindi riformare un equilibrio che verrà raggiunto soltanto quando dal liquido sarà uscito tutto il gas aggiunto a quello già normalmente disciolto alla pressione atmosferica. Alla luce di questi principi sino ad ora esposti, sarà facile comprendere come si realizza lo scambio di gas tra l'aria alveolare e il sangue (respirazione esterna) e tra il sangue e i tessuti (respirazione interna).

A livello degli alveoli, infatti, il sangue che circola nella rete finissima e fittissima dei capillari viene a trovarsi quasi a contatto diretto con l'aria continua mente rinnovata; il sangue che giunge ai polmoni (venoso) si è impoverito di ossigeno che ha ceduto ai tessuti, e contemporaneamente ha aumentato il suo contenuto di anidride carbonica, mentre nell'aria alveolare la pressione parziale dell'ossigeno è alta e quella dell'anidride carbonica molto bassa. Quando le due parti vengono a contatto si deve stabilire un equilibrio, cioè ciascun gas dovrà passare dal punto a maggior pressione a quello a minor pressione: l'ossigeno passerà dall'aria alveolare al sangue e l'anidride carbonica dal sangue all'aria alveolare.

A livello dei tessuti succede il fenomeno esattamente contrario: il sangue proveniente dai polmoni, e quindi ricco di ossigeno, si trova qui a contatto con i liquidi che bagnano le cellule, i quali sono saturi di anidride carbonica continuamente prodotta da esse. Di nuovo si hanno le condizioni per il passaggio di gas nelle due direzioni: in questo caso però sarà l'ossigeno a lasciare il sangue per passare ai tessuti e l'anidride carbonica ad abbandonare i tessuti per trasferirsi nel sangue; qui il sangue da arterioso si trasforma in venoso che, per essere ancora utile all'organismo, deve ritornare verso i polmoni per ossigenarsi di nuovo.

Il lavoro muscolare

Il lavoro muscolare, determinando un incremento delle richieste energetiche da parte dell'organismo, impegna contemporaneamente le varie componenti della funzione respiratoria. Nel caso in cui si abbia una compromissione della componente cardiocircolatoria, tanto frequente nelle fasi avanzate delle sindromi disfunzionali respiratorie, si osserva la comparsa di un mancato aumento del consumo di ossigeno nonostante l'incrementarsi del lavoro muscolare, espressione del raggiungimento del massimo lavoro che il cuore può dare, che si estrinseca con un mancato aumento della portata cardiaca (anossia stagnante). Quanto riferito, viene dimostrato sperimentalmente dal contemporaneo studio della portata cardiaca e del consumo di ossigeno a varie entità di lavoro muscolare. La metodica di valutazione dell'efficienza funzionale respiratoria basata sul rilievo del lavoro aerobico massimo è particolarmente idonea in caso di broncopneumopatici o cardiopatici che non possono essere sottoposti e non possono tollerare attività muscolari impegnative. Nel soggetto sano e in particolare nell'atleta attualmente si preferisce determinare il consumo di ossigeno durante esecuzione della massima attività muscolare effettuabile dal soggetto in esame (massimo consumo di ossigeno). La validità della funzione respiratoria viene valutata rapportando il dato del consumo di ossigeno, ottenuto durante esecuzione della attività muscolare massimale, a quello rilevato in analoghe condizioni sperimentali in gruppi di soggetti sani di sesso ed età identici a quelli dell'esaminando. Quelle descritte sono le più semplici e indispensabili metodiche per lo studio funzionale respiratorio di un soggetto; va tenuto però presente che numerose altre sono le indagini funzionali che possono essere eseguite e che permettono di aggiungere i nuovi elementi per la giusta diagnosi e il preciso inquadramento di una sindrome disfunzionale, ma esse in genere sono molto più indaginose e complesse e richiedono un impegno da parte dello sperimentatore e del paziente non indifferente. Generalmente un inquadramento di base dell'efficienza funzionale respiratoria sia di un soggetto sano sia broncopneumopatico viene ottenuta con i mezzi gia citati.

 

Testo di Alessandro Stranieri - Pubblicato su "Fitness & Wellness, il tuo personal trainer" - Ed. L'Espresso